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IL DECRETO INGIUNTIVO
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La crisi economica incombe e i suoi effetti si propagano un po' su tutti, perfino su chi crede di essere al riparo, perché ha un reddito assicurato da pensione o da lavoro e non deve confrontarsi con la concorrenza, non essendo un imprenditore. Non sono solo l'incremento del costo della benzina e o dei prezzi, o la tassazione più aspra a colpirci, ma anche un fenomeno che già da tempo ampio, va dilagando: quello dei morosi in condominio.Se infatti qualcuno nel palazzo non paga le spese comuni, dobbiamo farlo al posto suo.

 

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Analizziamo quindi in questo capitolo, in modo dettagliato, quali sono le possibili scelte nei confronti dei morosi che abitano nel nostro stesso palazzo e qual è l’iter processuale a cui ci costringe la legge per tentare di recuperare i nostri credit, con tutti i suoi possibili trabocchetti.

 

 

 

Quali scelte ha il condominio e l’amministratore. Una prima, che si è spesso rivelata un vicolo cieco, è sospendere i servizi al debitore: in teoria, infatti, l’articolo 63 delle disposizioni di attuazione , quando la mora è di almeno sei mesi, e il regolamento condominiale lo prevede, concede all'amministratore di sospendere "l'utilizzazione dei servizi comuni che sono suscettibili di godimento separato". Nei palazzi tali servizi sono normalmente il riscaldamento centralizzato, l'acqua e l'ascensore. Tuttavia la maggioranza dei tribunali ha giudicato che la sospensione dei servizi essenziali sia in contrasto con l’articolo 32 della Costituzione che garantisce il diritto alla tutela sanitaria  (senza acqua o riscaldamento non si può vivere in buona salute).Quanto all’ascensore, la sospensione è impossibile, a meno che ciascuno dei condomini abbia una chiave per utilizzarlo.

 

 

 

La parziarietà del debito. La sentenza di Cassazione Sezioni Unite 9148/2008 ha stravolto un orientamento costante della giurisprudenza precedente, affermando che i terzi debitori del condominio debbono rifarsi del loro credito rispetto ai singoli condomini morosi, in proporzione alle loro quote

 

 

 

In parole povere, i debiti del moroso vanno separati contabilmente in due profili Il primo riguarda a quanto dovuto al condominio. Il secondo, relativo invece a quanto dovuto, appunto, a terzi. Ma anche su questa seconda voce contabile è necessario fare una “scrematura”: per esempio non pagando parte della bolletta dell’acqua o dell’elettricità o infine del metano o del gasolio si rischia di vedersi “tagliare” la fornitura. Anche qui si potrebbe in teoria tirar fuori l’articolo 32 della costituzione sul diritto alla salute: il rischio è però di restare privi dei servizi essenziali fino a quando il Giudice non ci darà ragione (con i tempi dei tribunali…). Anche pretendere un taglio all’onorario dell’amministratore è un bel match (tanto più che è lui a gestire i soldi e la rappresentanza in tribunale).

 

 

 

Nella pratica condominiale, la cosiddetta “parziarietà del debito verso terzi” opera soprattutto nei confronti della ditta a cui sono stati appaltate opere edili o impiantistiche di manutenzione straordinaria. Una soluzione è quella che in tal caso si invii alla ditta stessa una lettera raccomandata in cui si elencano i condomini morosi, la quota di debiti di loro competenza, e ci si offre di saldare, come amministrazione del palazzo, quella parte del debito che è stata già versata dai condomini “regolari”. Se invece si vogliono volutamente complicare le cose, nella lettera si può invitare la ditta a rifarsi per la loro quota su tutti i singoli condomini: chi paga, bene, chi non paga, creerà problemi all’impresa stessa, e non al condominio. E’ ovvio che sia nel primo caso, che soprattutto nel secondo, l’impresa che avuto in appalto i lavori si trova di fronte a un’enorme e costosa scocciatura: sarà costretta a sollecitare all’amministratore la spartizione contabile del debito con i riferimenti anagrafici e i recapiti di tutti i condomini coinvolti, inviare a chi è moroso delle raccomandate di sollecito e fare tante procedure esecutive quanti sono i debitori inadempienti, con la crescita all’infinito delle spese legali e delle procedure connesse.

 

 

 

Apparentemente comunque la parziarietà del debito permette ai condomini di scaricare sui fornitori una parte dei debiti e delle grane. Tuttavia ha anch’essa le sue contro-indicazioni. Innanzitutto vi sono tribunali che si sono rifiutati di “ingoiare” il principio di “ciascuno paga il suo” e contestano la tesi delle Sezioni Unite, restando ben abbarbicati alle interpretazioni precedenti, che dicevano che ciascun condomino risponde in solido di tutti i debiti condominiali. Poi non c’è da tener conto che molti amministratori professionali sono legati da rapporti di stima (o talora di interesse) a fornitori che lavorano in altri condomini da loro gestiti. Pertanto temeranno di perderli o comunque di complicarsi la vita anche negli altri stabili, perché il fornitore “gliela ha giurata”.

 

 

 

Una soluzione esiste, ma va predisposta prima del patatrac: mettere una clausola nel contratto di appalto che regola la materia, riconoscendo la parziarietà o la solidarietà del debito o comunque escogitando soluzioni mediane tra le due formule (parziarietà oltre una certa cifra per esempio) e modalità di gestione dei “buchi” (saldi di quanto pagato, elenco dei morosi eccetera). E’ bene che un contratto del genere sia sottoscritto da tutti i condomini (non predisposto dall’amministratore punto e basta), a scanso di spiacevoli strascichi giudiziari. Formule di questo tipo, un tempo rarissime, si vanno ora diffondendo.

 

 

 

Il decreto ingiuntivo. Per la morosità dei condomini l’unica strada da imboccare è quella aperta dall’articolo 63, primo comma, delle disposizioni di attuazione del Codice civile: il decreto ingiuntivo. Dispone infatti l’articolo che, per la riscossione delle spese in base alla ripartizione decisa in assemblea, l’amministratore può"ottenere decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione". Il che significa che il giudice, basandosi sulle prove portate dall'amministratore, può ingiungere di pagare da subito le spese al moroso.Anche se quest’ultimo si oppone al decreto, è costretto a pagare lo stesso.

 

 

 

 

Sul decreto ingiuntivo vanno chiarite alcune cose. La prima è che l’amministratore è tenuto a chiederlo, senza autorizzazione dell’assemblea, pena il risarcimento del danno apportato ai condomini. In che tempi e con che modi? Per il momento la legge non lo stabilisce (i tempi erano stati messi ma poi tolti nella bozza di decreto di riforma del condominio): Tuttavia la prassi è quella di due raccomandate di sollecito e l’istanza per il decreto dopo una morosità protrattasi al massimo sei mesi.

 

 

 

 

 

Ovviamente nel richiedere il decreto occorre allegare tutta la documentazione relativa e, in particolare la delibera di approvazione del rendiconto, con il rendiconto stesso e il riparto spese. Gli interessi sulle spese non versate sono quelli legali: come ha più volte chiarito la Cassazione non è possibile, per esempio, chiedere gli interessi bancari a meno che tale previsione sia inserita in un regolamento condominiale contrattuale, cioè approvato da tutti (moroso compreso), in genere al momento dell’acquisto degli appartamenti.

 

 

 

 

 

L’opposizione al decreto. L’eventuale opposizione al decreto ingiuntivo da parte del moroso deve vertere solo sulle irregolarità del decreto stesso (per esempio l’assemblea non ha approvato il riparto delle spese, i calcoli sono errati) ma non può riguardare altre materie (per esempio la delibera assembleare di approvazione era nulla o era annullabile ed è stata impugnata, le spese dei lavori dovevano essere ripartite in odo differente) che saranno al massimo oggetto di una causa a parte promossa dal moroso (o presunto tale).

 

 

 

 

 

Va infine detto che una parte minoritaria dei giudici afferma che l’opposizione al decreto va affrontata in sede di mediazione extraprocessuale della causa (in genere la mediazione non è obbligatoria in caso di decreto ingiuntivo).

 

 

 

 

 

L’iter del decreto. Il giudice nel decreto ingiuntivo stabilisce, oltre al pagamento immediato, anche un termine entro cui il debitore deve fare opposizione (entro 40 giorni). Se il moroso non paga, il condominio ha due possibili strade da imboccare. La prima è quella più gettonata: la richiesta di pignoramento dell’immobile, con successiva vendita all’asta e la seconda quella della iscrizione di ipoteca.. La più decisiva è la richiesta di metterlo direttamente all’asta giudiziaria. In entrambi i casi, l’avvocato del condominio si accorgerà se esistono altri creditori che hanno iscritto ipoteca o eseguito pignoramenti immobiliari. E’ questo il maggior pericolo, dal momento che se tali creditori sono, come spesso capita, la banca che ha concesso un mutuo per l’acquisto o anche una finanziaria che ha prestato del denaro per un’attività imprenditoriale, essi sono “privilegiati” rispetto al condominio stesso perché hanno iscritto ipoteca prima . Prevedibilmente, se il loro debito, sommato con quello condominiale, supera il valore degli immobili, il condominio stesso rimarrà con un pugno di mosche in mano. Certo è possibile pignorare eventuali altri beni, come ad esempio un conto corrente in banca, parte dello stipendio, automobili, barche, altri immobili, ma, in genere, i debitori insolventi si guardano bene da avere auto o conti correnti intestati con fondi rilevanti, o comunque altri beni al sole su cui potersi rifare.

 

 

 

 

 

Se c’è un’altra ’ipoteca, iscritta da un privato o comunque da una piccola società dal nome sconosciuto, c’è da chiedersi se sia stata “architettata” ad hoc dal debitore, con l’aiuto di un amico o un compare, per impedire ai suoi creditore di rifarsi sui suoi beni. Provare la finzione, comunque, è tutt’altro che semplice.

 

 

 

 

 

L’esecuzione. L’esecuzione per vendita all’asta dell’immobile prevede purtroppo l’esborso di altri soldi, oltre quelli dell’avvocato: bisogna trascrivere il pignoramento eprocurarsi il certificato storico ventennale. Successivamente il Giudice dell’esecuzione disporrà una perizia sul valore dell’immobile. E’ bene che il condominio sia cosciente che la perizia costa, perché non basta informarsi sui prezzi di mercato della zona, ma occorre redigere un documento motivato secondo certi criteri peritali e con una certa forma.

 

 

 

 

 

Gli altri creditori. L’avvocato del condominio deve anche avvertire tutti gli altri creditori titolari di ipoteca sull’immobile perché si presentino all’udienza in cui si decide la vendita all’asta.. Gli altri creditori potranno o non potranno essere presenti: essendo s il loro debito garantito da iscrizione ipotecaria possono comunque esser certi di partecipare al ricavo d’asta.

 

 

 

 

 

Questa considerazione ci permette di affrontare il problema della banca che non ha ricevuto il versamento di alcune rate del mutuo. Al contrario di quel che si può credere, la banca che gode dell’ipoteca può anche decidere di non fare, per il momento nulla e attendere che altri, per esempio il condominio creditore, partano con la procedura esecutiva, dal momento che ha la sicurezza di potersi comunque “agganciare” in seguito alla procedura. Così la banca eviterà di sopportare costose spese legali. Il condominio, invece, è costretto ad agire, sia perché l’amministratore rischia, in caso contrario, responsabilità, sia perché è nel suo interesse liberare prima o poi lo stabile da una persona che si rifiuta di pagare le spese, per non doverle versare vita natural durante.

 

 

 

 

 

La conversione del pignoramento. Ora mettiamoci nei panni del moroso. Se ha altri beni o si è trovato in una momento di difficoltà temporanea, ma non riesce a pagare tutto, subito dopo il pignoramento può chiedere al giudice la “conversione” di quest’ultimo” che prevede una dilazione del pagamento fino a 18 mesi, versando su un libretto di deposito giudiziario un quinto della somma dovuta. Il giudice gliela deve concedere e se il moroso verserà regolarmente tutte le rate stabilite dal Giudice potrà ottenere la estinzione del pignoramento. Naturalmente nel frattempo la procedura esecutiva è sospesa, ma riprenderà se le rate non saranno regolarmente versate. Il denaro versato intanto viene “congelato” in un libretto a cui il condominio non può attingere.. Nel frattempo però, l’insoluto continua a crescere: nei mesi altre rate condominiali non vengono pagate. Chi crede che basti portare la nuova documentazione dei debiti, “integrando” il decreto ingiuntivo preesistente, si disilluda: occorre fare un nuovo decreto ingiuntivo, sopportando le relative spese legali,

 

 

 

 

 

Le soluzioni extragiudiziali. Va da sé che, il moroso, se prima del pignoramento ritiene che il valore dei suoi beni possa coprire il debito, può decidere di metterli in vendita sul libero mercato: gli converrà, dal momento che se si arriva alla vendita all’asta, inevitabilmente il ricavato sarà molto minore. Quasi sempre, tenterà un compromesso extra-giudiziale, dicendo ai creditori: “Scontatemi una parte del debito e magari lasciatemi qualcosa del ricavato della vendita, altrimenti rischiate di incassare ancor meno”. Tale compromesso può essere “ratificato” dal giudice, se avviene durante la procedura esecutiva.

 

 

 

 

 

Se invece i debiti superano di gran lunga il valore dei beni pignorati, il moroso non ha alcun interesse a darsi da fare. Allora si arriverà, prima o poi, all’asta giudiziaria (in media ci vorranno sei anni, ma talora molti di più).

 

 

 

 

 

L’asta giudiziaria. Nel periodo in cui l’immobile è messo all’asta sono possibili due eventualità: la prima, molto più rara (il cosiddetto “rito monzese” perché è a Monza che è nato) che il debitore sia sloggiato dalla casa e venga nominato un custode giudiziario (naturalmente a spese della procedura esecutiva). La seconda, molto più comune, che il moroso stesso sia considerato “custode del bene”: nei fatti continuerà ad abitare nella casa, sino all’esito della procedura, senza pagare un euro. Difficile dire cosa augurarsi.nel primo caso le spese crescono, ma se a pagarle saranno solo i creditori che riusciranno a vendere all’asta: il condominio potrebbe anche guadagnarci, se non incasserà mai nulla. Nel secondo caso, comunque il debitore in cattiva fede ha una buona ragione per gioire, dal momento che è ospitato gratis e quindi indotto ad avvantaggiarsi di questo lecito meccanismo.

 

 

 

 

 

Il recupero delle spese. E ora, un leggero contentino per il condominio-creditore: se è stato lui ad iniziare la procedura di pignoramento (cosa che, abbiamo detto, accade abbastanza spesso) potrà comunque vedersi rimborsare le spese legali della procedura anche se non il debito, quando ai creditori ipotecari spetti tutto il ricavato dell’asta..

 

 

 

 

 

Il fondo morosi. Vanno in ultimo aggiunte due considerazioni. E’ possibile per l’amministratore proporre la costituzione di un “fondo morosi” per evitare le procedure ingiuntivo ed esecutive dei creditori.. La giurisprudenza è però chiara: il fondo è “straordinario” e deve avere la durata della procedura stessa (non è possibile accantonare somme per future morosità, anche se prevedibili).

 

 

 

 

 

Morosi e nuovi acquirenti. Una seconda considerazione riguarda gli acquirenti che subentrano nel palazzo nel frattempo. Essi sono coobbligati al pagamento dei debiti del venditore, per l’anno in corso e per quello precedente. A questa regola si sottraggono però i debiti consolidati e inesigibili, che saranno dovute da tutti i condomini, anche per i periodi precedenti, in proporzione ai millesimi di proprietà.

 

 

 

 

 

L’iter del recupero crediti

 

 

 

 

 

Nell’articolo precedente abbiamo dato uno sguardo panoramico sulle principali problematiche del recupero dei crediti condominiali, individuando alcune criticità e sottolineando le possibili soluzioni. Ora però è forse il caso di seguire, passo dopo passo, tutta la procedura necessaria, specificandone tempi e modi. Lo scopo è quello di dare ai condomini strumenti utili per controllare l’operato dell’amministratore e, soprattutto, quello dei legali a cui hanno affidato la propria sorte. E’ infatti caldamente consigliabile il fatto di essere coscienti della complessità del loro lavoro, senza accusarli ingiustamente di inefficienze di cui non sono responsabili, ma anche “cogliendoli sul fatto” se non hanno eseguito i loro compiti così come si deve. .

 

 

 

 

 

Partiamo quindi dall’ istanza con cui l’amministratore – tramite l’avvocato del condominio - richiede al giudice il decreto ingiuntivo.

 

 

 

 

 

Il decreto ingiuntivo. Il giudice, entro 30 giorni dal deposito del ricorso (ma il termine non è sempre rispettato), ingiunge all'altra parte di pagare immediatamente le somme dovute, preavvertendo che nel termine di quaranta giorni può essere fatta opposizione. Il decreto ingiuntivo condominiale ha infatti una caratteristica: quella di essere provvisoriamente esecutivo, a norma dell’articolo 63, comma 1, delle disposizioni di attuazione al Codice Civile, anche nel caso in cui venga presentata opposizione. Nel giudizio di opposizione però, il debitore può provare a chiedere la sospensione dell’efficacia obbligatoria del decreto ingiuntivo. Il decreto divenuto esecutivo è titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Ma la strada imboccata dai più è quella della più incisiva esecuzione forzata.

 

 

 

 

 

L’atto di precetto. Emesso il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo l’amministratore, tramite il proprio legale, intima formalmente al debitore di pagare entro 10 giorni, attraverso l’atto di precetto, che va notificato al debitore stesso unitamente al titolo (il decreto ingiuntivo) e che comprende, tra l’altro, l’elenco dei debiti, con relativi interessi e spese legali. Entro 90 giorni dalla notificazione del precetto, il creditore deve agire esecutivamente, pena l’inefficacia.

 

 

 

 

 

In questo lasso di tempo (ma, in media, bastano 30 giorni) l’avvocato del condominio deve darsi da fare. Innanzitutto eseguendo un’indagine preventiva sui beni del debitore che in genere ha come primo obiettivo lo stesso appartamento in condominio, come secondo eventuali altri immobili e come terzo tutti gli altri eventuali beni (conto corrente, arredi di valore, eccetera). Benché il codice di procedura civile dia larghi poteri di indagine all’Ufficiale Giudiziario, in sede di pignoramento mobiliare, sono quasi sempre i legali del condominio ad attivarsi per l’indagine sul patrimonio del debitore (spesso servendosi di agenzie investigative specializzate). Come anticipato, la strada maestra è quella che prevede il pignoramento dell’appartamento nel condominio. E, dunque, prima di procedere al pignoramento immobiliare, i legali più scrupolosi, verificano (anche ai fini delle successive notifiche previste dagli articoli 498 cpc e 599 cpc, di cui diremo), se esistano altri creditori con diritto di prelazione, con titoli inscritti in Pubblici Registri ,o anche comproprietari dei beni. Per esempio una banca che ha concesso un mutuo garantito da ipoteca, ha senz’altro inscritto la relativa ipoteca in conservatoria.

 

 

 

 

 

Svolta l’indagine, il legale del condominio deposita nelle mani dell’Ufficiale Giudiziario l’atto di pignoramento. Quest’ultimo – dopo la notifica al debitore - verrà trascritto in Conservatoria, per l’opponibilità ai terzi (la trascrizione non è necessaria per il pignoramento mobiliare o presso terzi). Dopo la notifica del pignoramento e la sua trascrizione, l’ufficiale giudiziario deposita nella cancelleria del Tribunale l’atto di pignoramento. Il creditore deposita invece titolo esecutivo (cioè il decreto ingiuntivo) e precetto notificati. Si forma così il fascicolo d’ufficio. A questo punto, la palla passa al Giudice dell’esecuzione.

 

 

 

 

 

La conversione del pignoramento. Nel pignoramento è contenuto l’avvertimento che il debitore può chiedere la cosiddetta “conversione” del pignoramento stesso. In buona sostanza, il moroso – prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione - può depositare una somma non inferiore a un quinto di quanto dovuto presso la cancelleria e, se ad essere pignorato è uno o più immobili, il giudice può concedergli (e in genere gli concede) il versamento rateizzato del residuo, interessi e spese legali compresi, nel termine massimo di 18 mesi. La somma da sostituire al bene pignorato è rideterminata con ordinanza dal giudice dell'esecuzione in udienza (in contraddittorio con i creditori) non oltre trenta giorni dal deposito dell'istanza di conversione. Nel corso di tale periodo è probabile che l’avvocato del condominio richieda un ulteriore decreto ingiuntivo per le rate condominiali non versate nel frattempo (dal momento che dal primo decreto ingiuntivo saranno passati mesi e il debito è cresciuto).

 

 

 

 

 

Il pignoramento (più correttamente il processo di esecuzione) allora viene “sospeso”. Resta fermo però che il giudice libera i beni dal pignoramento solo quando la somma è stata interamente versata. Qualora, però, il debitore ometta o ritardi il versamento anche di una sola rata di oltre 15 giorni, il giudice, su richiesta dei creditori (anche quelli successivamente intervenuti nel procedimento) dispone il proseguimento del giudizio di esecuzione e per la vendita dei beni pignorati. L’istanza di conversione può essere presentata una sola volta.

 

 

 

 

 

Dal pignoramento immobiliare all’udienza. Formatosi il fascicolo in Tribunale (per effetto del deposito dell’atto di pignoramento eseguito da parte dell’ufficiale giudiziario e per il deposito di titolo esecutivo e di precetto), scatta il termine di 90 giorni, entro cui il pignoramento perde efficacia se il creditore non chiede la vendita dei beni, con apposita istanza da depositare in cancelleria. Successivamente, il creditore provvederà alla notifica dell’avviso di avvenuto pignoramento, ai creditori iscritti non intervenuti (articolo 498 cpc) e agli eventuali comproprietari dei beni pignorati (articolo 599 cpc) e entro 120 giorni dal deposito dell’istanza di vendita, al deposito in Cancelleria dell’estratto del catasto, nonché dei certificati delle iscrizioni e trascrizioni relative all’immobile pignorato effettuate nel ventennio. Quindi il giudice nominerà un perito del tribunale che effettui la valutazione di valore degli immobili e verrà fissata una udienza di comparizione delle parti.

 

 

 

 

 

L’udienza. Fin qui il procedimento è marciato in tempi abbastanza stretti, che ora però frenano molto. Deve infatti intervenire il giudice che fissa l’udienza di comparizione del debitore e di tutti i creditori, disponendo che una delle parti (in genere il creditore che ha iniziato il procedimento) ne dia notifica alle altre. Con la stessa ordinanza il giudice decide quasi sempre sulla nomina del perito e sul suo compenso, che sarà a carico della procedura esecutiva, ma verrà anticipato dal creditore procedente (nel nostro caso, al condominio). In tribunali come quello di Milano passano in media 11-12 mesi, prima che l’udienza possa tenersi. Nel corso di tale udienza (ferma restando la possibilità del moroso di chiedere la conversione del pignoramento), si esamina anche tutta la documentazione presentata dai diversi creditori intervenuti e l’eventuale esistenza di altri beni a cui può essere esteso il pignoramento stesso. Se tutte le formalità sono rispettate, il Giudice dispone la vendita, o direttamente o delegando un professionista (notaio, avvocato o commercialista iscritto in appositi elenchi).

 

 

 

 

 

La vendita all’asta. La vendita può essere effettuata con incanto o senza incanto. Sorvoliamo sulla procedura che meriterebbe una trattazione apposita. Ricordiamo soltanto che l’iter si è molto sveltito, dal momento che la sua gestione (un tempo esercitata solo dal giudice) è stata estesa ai professionisti di cui abbiamo detto, permettendo di tagliare tempi “storici”.

 

 

 

 

 

Se è vero le procedure hanno tempi più stretti di una volta, è d’altra parte altrettanto vero che l’attuale crisi economica si è ripercossa pesantemente sul mercato immobiliare: l’offerta di alloggi in vendita provenienti dal settore privato, da quello delle pubbliche dismissioni e dalle aste giudiziarie si è impennata, i prezzi sono in calo e spesso le stime di valore effettuate dai periti dei tribunali, un tempo prudenzialmente in linea con il mercato, risultano troppo elevate. Ricordiamo peraltro che l’acquisto di immobili all’asta giudiziaria, anche a prezzi più bassi di quelli correnti, prevede comunque procedure complesse, non sempre alla portata di chiunque, disponibilità di denaro liquido o comunque richiesta di mutui strutturati ad hoc dalle banche, e non di rado riserva qualche sorpresa poco piacevole. Inoltre, mentre un venditore privato può rivedere in ogni momento le sue stime di valore, il ribasso nelle aste giudiziarie è determinato attraverso procedure rigide e poco flessibili.

 

 

 

 

 

Ogni stima dei tempi entro cui è possibile giungere al decreto in cui l’immobile viene venduto all’asta è quindi temeraria: arrischiamo un anno almeno, ma potrebbe trattarsi di più. In definitiva, dal momento in cui si è ottenuto il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, saranno passati, occhio e croce, all’incirca tre anni.

 

 

 

 

 

La spartizione del ricavato. Ma, purtroppo, non è finita qui. Incassato il denaro proveniente dalla vendita il giudice dell’esecuzione dovrà convocare un’altra udienza, per decidere la spartizione del ricavato tra tutti i creditori. Se l’accordo si raggiunge subito, bene, altrimenti si dovranno convocare udienze successive, al fine di esaminare le eccezioni portate dai creditori che non si ritengono soddisfatti dal piano di distribuzione del ricavato. Sono pertanto da mettere in conto da due a quattro mesi dall’assegnazione prima di poter incassare il ricavato (ammesso, naturalmente, che il condominio non si veda “soffiare” tutto da altri creditori, che vantano dei privilegi). Ricordiamo comunque che chi ha promosso la procedura dovrebbe vedersi rimborsate le spese sostenute, per quanto nella misura valutata come equa dal giudice, anche se dovesse vedersi preferito qualcun altro nella suddivisione della restante somma derivante dalla vendita.

 

 

 

 

 

In ogni caso – a prescindere dal pignoramento - il condominio può chiedere a chi si è aggiudicato all’asta l’immobile, le spese relative all’esercizio in corso e quelle relative all’esercizio precedente.

 

 

 

 

 

Il pignoramento mobiliare e presso terzi. Ci siamo occupati di quella che è la procedura di recupero crediti maggiormente utilizzata nei condomini (il pignoramento immobiliare), che però non è l’unica. Si può infatti procedere al pignoramento di beni mobili: auto, quadri, mobili d’epoca, prodotti tecnologici etc (pignoramento mobiliare) o con il pignoramento di crediti del debitore verso terzi: conti correnti, titoli etc. (pignoramento presso terzi). Entrambe le procedure hanno proprie forme e peculiarità, sicchè per esse sarebbe necessaria una autonoma trattazione. Comunque molti dei principi sopra enunciati valgono anche per il pignoramento mobiliare e presso terzi.

 

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